Vite piegate dal vento
di Fausta Ivaldi
Fausta Ivaldi, in questo libro, ce lo ricorda, perché, nonostante le violenze subite e osservate, in anni di militanza sul fronte dei diritti umani, ha conosciuto anche uomini speciali, che hanno saputo dare il giusto peso al ruolo delle donne. Siamo di fronte a una storia (tratta da differenti vicende) declinata su più livelli, tra silenzi e indifferenza. Il dolore cieco e furioso, come un elefante ferito, schiaccia ogni cosa, soprattutto la dignità e la gioia e rischia di inaridire l'animo.
Leggendo questo libro si constata che la società educa le donne ad abbassare la testa, davanti ai mariti, ai padri o agli amanti, magari anche davanti ai datori di lavoro, e anche di fronte ad altre donne, quelle che remano contro se stesse per acclarare e rinforzare la dominanza del macho. Questi soggetti sono coloro che credono che le donne siano soprammobili o giochi da usare e abusare, da sfruttare come schiave, sexy lady o semplici incubatrici, costoro sono coloro che odiano se stessi.
Esiste il dolore frutto di questo disordine. Fausta ha acquisito il diritto di essere arrabbiata, e anche di usare la parolaccia, perché la parola non basta: per descrivere un uomo violento, occorre una grande parola, una parolaccia, a punto. Fausta ha il dovere di raccontare questo dolore, ha conquistato sul campo il diritto di condividerlo, in modo che di notte, esso, non impedisca il sonno a una sola donna, a colei a cui è stato inferto, ma vada ad abitare la coscienza di molti, per evitare che si diffonda sotto forma di assassinio e violenza, per impedire che le persone violentate, le donne offese, non abbiano nemmeno la voce per urlare e dire basta.
Leggere questo libro può salvare la vita...
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