Nel
tempo della chiusura, dei muri, delle barriere, dei confini, delle
occludenti parole prive di idee, c'è ancora qualcuno che pensa e
apre, generando possibilità. Il vero intento del filosofo deve
essere quello di favorire il dialogo e il confronto, schiudendo
sentieri nel bosco e sperimentando rotte che conducano all'altro. La
filosofa Francesca Saffioti, anch'ella postuma, come tutti i
pensatori profondi, giacché riescono a guardare al di là de proprio
tempo, ha dato un contributo certamente rilevante per tentare di
scardinare la miseria causata dalla paura e dalla diffidenza.
Un
continuo navigare si è rivelata la sua breve vita, in acque
difficili, sorretta dalla parola dei "Mediterranei", quelle
donne e quegli uomini che hanno voluto e saputo immergersi
nell'arroganza degli induttivisti senza per questo restarne offesi o
plagiati o soffocati. Un delirio contemporaneo che Francesca
Saffioti, col suo rigore etico e il suo studio profondo, ha sempre
combattuto, sin dai tempi dell'università. Non ci sono schemi che
possano irretire il pensiero di chi sa navigare e Saffioti lo sa
fare, grazie alla parola e alla filosofia. Una studiosa che ci
mancherà e di cui sentiremo ancora la voce, determinata e delicata,
leggendo le pagine del suo libro:
Geofilosofia del mare. Fra Oceano e Mediterraneo,
un'opera
che merita di essere approfondita, giacché si inserisce in un filone
di investigazione filosofica che ha ancora tanto da dire a chi si
ostina a chiudere la porta della propria casa al "veniente".
Questo post vuole essere solo un piccolissimo contributo per
ricordare il lavoro di una studiosa del "pensiero meridiano",
una filosofa del veniente, la quale, col suo esempio, sarà una
bussola per tutti noi. Grazie Francesca Saffioti.
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