Una perduta giovinezza
poesie di Annamaria Barreca
In queste pagine Annamaria Barreca compie un'operazione coraggiosa: assomiglia a quelle imprese che abbiamo imparato ad amare leggendo le canzoni di gesta.
Un viaggio denso di avventura e disavventura, lo stesso che tocca ogni essere umano, m che in pochi sanno abbracciare con tanta determinazione.
La giovinezza di cui parla la poetessa è perduta? No, niente si perde di ciò che ancora ci abita: Annamaria è abitata dal vigore, dal coraggio, dalla determinazione della parola, il suono che ha liberato l'uomo e nello stesso tempo lo ha reso schiavo per l'eternità.
Libero di esprimere il proprio io, ma schiavo dello specchio che la parola genera e pone davanti a noi, impedendoci di dimenticare ciò che siamo stati e continuiamo ad essere.
Prosaica la prima parte del libro tanto da ricordare la poesia giapponese di Fujii Sadakazu, il quale ci ricorda che: "In Giappone non esiste una scienza poetica, e neppure un linguaggio poetico, dicono. Se non c'è una scienza poetica, nessun linguaggio è possibile per la poesia. Cosa avevamo un tempo, cosa è andato perduto? Dove può rinascere, ciò che è stato perduto-?".
Questa stessa domanda è la chiave di lettura di queste pagine; la giovinezza perduta, dove può rinascere? E per giovinezza qua si intende la poesia, la parola poetica. Leggendo questo libro, scopriamo che la giovinezza (parola, poesia) di Annamaria non è perduta, bensì custodita ed eternizzata.
Un nuovo cammino in ogni verso: "Esisteremo/ e befferemo il tempo/ sino a che resterà/ un'ultima parola/ scritta su un libro/ segnato dal tempo".
Quindi la giovinezza non è perduta perché l'elisir è la parola, il suono e l'armonia che distinguono il poeta dal mendicante.
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