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venerdì 11 dicembre 2015

L'apologia di Socrate



Socrate fu condotto dinanzi al tribunale dell'Eliea nel 399 a. C. dopo la caduta della tirannide di Crizia alla cui cerchia era stato legato, sotto l'accusa di empietà e di corruzione dei giovani: un'accusa che celava avversioni politiche non meno che insofferenze ideologiche. Il testo delinea non solo un ritratto individuale, ma l'immagine ideale del vero filosofo, interamente votato all'esercizio della conoscenza e alla ricerca del bene.


8 commenti:

  1. Mariagrazia, Ilenia, Graziella, Nadia 3As11 dicembre 2015 alle ore 16:29

    La comparsa di Socrate segna una svolta decisiva nella filosofia. Egli è stato accusato per empietà, perché corrompeva I giovani e perché non riconosceva gli dei e per questo viene condannato a morte. Su questo non siamo d'accordo perché lui non aveva commesso nessun atto ingiusto nei confronti di coloro che seguivano il suo insegnamento. Socrate esprimeva soltanto il suo pensiero attraverso il dialogo ponendo delle domande, mettendo in difficoltà gli interlocutori e facendogli capire che niente di quello che dicevano fosse vero. La frase più importante che egli diceva in giro è "GNOTI TE AUTON" ovvero "CONOSCI TE STESSO". Su questo siamo d'accordo perché Socrate ci vuol far capire che prima di conoscere gli altri dobbiamo conoscere noi stessi e curare la nostra anima per giungere alla verità, perché la verità esiste dentro di noi e non sappiamo di averla. Quindi ponendoci delle domande è riflettendo possiamo giungere alla verità.

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  2. Mariagrazia, Ilenia, Graziella, Nadia 3As11 dicembre 2015 alle ore 17:02

    Socrate segna una svolta decisiva nella filosofia. Egli è stato accusato per empietà, perché corrompeva i giovani e perché non riconosceva gli dei e per questo viene condannato a morte. Su questo non siamo d'accordo perché lui non aveva commesso nessun atto ingiusto nei confronti di coloro che seguivano il suo insegnamento. Socrate esprimeva soltanto il suo pensiero attraverso il dialogo ponendo delle domande, mettendo in difficoltà gli interlocutori e facendogli capire che niente di quello che dicevano fosse vero. La frase più importante che egli diceva in giro è "GNOTI TE AUTON" ovvero "CONOSCI TE STESSO". Su questo siamo d'accordo perché Socrate ci vuol far capire che prima di conoscere gli altri dobbiamo conoscere noi stessi e curare la nostra anima per giungere alla verità, perché la verità esiste dentro di noi e non sappiamo di averla. Quindi ponendoci delle domande è riflettendo possiamo giungere alla verità.

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  3. La filosofia (amore per la sapienza) secondo la concezione platonica, è riservata a coloro che si trovano in una posizione tra sapere e non sapere proprio perché il filosofo è "bisognoso e amante del sapere". Proprio per questo motivo Platone considera Eros(amare) la personificazione del filosofo. Eros è destinato ad un'esistenza né povera né ricca, né sapiente e né ignorante, alla ricerca continua di ciò che non possiede, proprio come i filosofi, che sono perennemente alla ricerca della verità. Inoltre Platone identifica nel filosofo la figura ideale per gestire il governo poiché non deve governare colui che ha scopi personali ma colui che conosce l'idea del bene, di giustizia.
    Platone individua due forme di conoscenza: la conoscenza sensibile (doxa) e la conoscenza intellettiva (episteme); la prima si acquisisce attraverso i sensi e si basa sulle impressioni che il mondo esterno provoca su di noi, mentre la seconda attraverso l'intelletto (nous), e cioè si sforza di conoscere l'essenza delle cose. Platone sostiene che l'anima ha una predisposizione innata al conoscere e solo guardando dentro di noi, attraverso il logos, possiamo cogliere l'aspetto vero e dimenticato delle cose. Questa è la teoria platonica della reminiscenza. Per spiegare ciò utilizza un intermezzo gnoseologico, quello di Socrate che riesce a far risolvere un problema di geometria ad uno schiavo completamente ignorante, ponendogli le giuste domande. Attraverso la maieutica socratica, lo schiavo ha "ricordato" quella conoscenza, quella verità che è da sempre dentro di sé. Da qui si deduce che "conoscere è ricordare".

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  4. luigi carmelo ilenia graziella 3as11 febbraio 2016 alle ore 10:06

    Secondo Platone il filosofo è colui che ama appunto "ciò di cui manca", ossia la sapienza. Per Platone il filosofo non è né il sapiente né l'ignorante, perché nessuno dei due ricerca la verità, poiché il primo crede di conoscerla già, e il secondo non è interessato ad essa. Il filosofo è colui che ricerca il bello e il bene. Si identifica con Eros che sosta fra l'umano e il divino e che manca della bellezza e della sapienza ma la desidera. Così come un filosofo desidera la bellezza, il bene e l'eterno. Eros era il figlio della ricchezza e della povertà, ha ereditato la natura di entrambi i genitori, se fosse stato figlio solo della ricchezza avrebbe avuto tutto, contrariamente se fosse stato figlio della povertà non avrebbe avuto niente, proprio per questo motivo Eros, va alla ricerca di ciò che gli manca. Il metodo utilizzato da Platone per pervenire alla verità è la dialettica che significa appunto, dialogare. Attraverso l'esercizio egli costringe l'anima a guardare dentro di sé, a interrogarsi, e non fuori attraverso i sensi. Per Platone esistono due tipi di conoscenza: sensibile e intellettiva. La conoscenza sensibile è quella che si basa sui sensi, mentre quella intellettiva si basa sull'intelletto. Secondo Platone è possibile conoscere le idee attraverso il metodo della reminiscenza o il ricordo come nel mito della metempsicosi, ovvero, l'anima prima di incarnarsi ha vissuto una vita precedente nell'iperuranio, contemplando le idee eterne di tutte le cose e quindi conosce già tutto, ha solo bisogno di ricordare.

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  5. SBEF: Federica, Bruno, Elisa, Simone IIIAs11 febbraio 2016 alle ore 10:07

    Socrate aveva intuito che l'obbiettivo per cambiare la città era quello di concentrarsi direttamente sul singolo individuo, ovvero il cittadino. La condanna è la successiva e ingiusta morte di Socrate hanno influito sul pensiero filosofico di Platone facendo nascere in lui la definitiva disillusione nei riguardi della vita politica poiché considerava i politici del tempo come coloro che esercitavano ciò, per interessi economici e personali, quindi soltanto il filosofo, ovvero il vero dialettico che ha a cuore il cittadino e la conseguenza del bene ricavando da ciò gli strumenti operativi per l'assicurazione di una convivenza sana e felice, può rendere la città giusta; quindi il problema non era tanto il cittadino, ma il potere esercitato. Il compito del filosofo è quello di indurre gli altri alla verità e non solo ricercarla dentro di se; quindi Platone per sconfiggere il relativismo dei sofisti va alla ricerca di un sapere universale e oggettivo che ritroviamo nel mondo delle idee. Platone distingue due forme di sapere: opinione (doxa) che genera eikasia, cioè la mera immaginazione, e pistis, ovvero la credenza;si riferisce al mondo dell'apparenza sensibile, ed è una conoscenza imperfetta perché soggettiva, mutevole e molteplice; episteme o scienza, da qui nascono dianoia (ragione discorsiva) che ha come oggetti gli enti matematici, e la noesis, ovvero l'intelligenza, che ha per oggetto le idee, quindi si riferisce al vero essere, al mondo delle idee, a come le cose sono e non come sembrano ai sensi, è una conoscenza perfetta perché universale, immutabile e oggettiva.

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  6. Domenica Mariagrazia Nadia 3As16 febbraio 2016 alle ore 10:54

    Platone identifica la figura del filosofo con quella del suo maestro Socrate; per lui il filosofo è colui che ricerca una verità universalmente condivisa, in contrapposizione all'eristica, il cui scopo è la persuasione e l'imposizione di una verità mutevole e soggettiva.
    La filosofia platonica è mirata alla lotta contro l'ignoranza, contro il sapere sensibile che conduce all'inganno e a far vedere le cose come esse appaiono e non come sono in realtà. La realtà per Platone è costituita dalle "idee": il mondo delle idee, ossia il mondo intelligibile, percepibile dall'intelletto, è la dimensione dell' "iperuranio", "al di sopra del cielo", proprio per sottolineare che le idee trascendono la dimensione empirica. Egli rintraccia infatti un dualismo ontologico caratterizzato dalle idee, realtà perfette, e le cose sensibili imperfette e copie delle idee.
    Il dualismo platonico si può rintracciare anche sul piano gnoseologico, della conoscenza, rintracciando due forme di sapere: l'opinione (doxa) e la scienza (epistème). La doxa è per Platone la forma debole della conoscenza, poiché ad essa si perviene attraverso i sensi; la scienza è invece caratterizzata dall'intelletto (noesis).
    Per analogia alla conoscenza nasce, in Platone, il tema dell'Eros (amore): solo chi possiede la conoscenza possiede l'amore, che è concepito da Platone come il mezzo di purificazione dell'anima.
    Platone afferma l'esistenza di una parte immateriale e quindi immortale contrapposta alla materialità dei corpi, ossia l'anima. L'immortalità dell'anima è spiegata dalla reminiscenza "ricordo": l'anima prima di incarnarsi ha vissuto nel mondo delle idee e una volta che si è incarnata non dimentica le idee,deve solo ricordare.

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  7. Mariagrazia Militano 3As20 marzo 2016 alle ore 22:09

    L’apologia di Socrate è l’opera di Platone che racconta il processo contro Socrate, la sua autodifesa e la conclusiva condanna a morte. Il filosofo è stato accusato di empietà: colpevole di non riconoscere gli dei che la città riconosce e di introdurre altre nuove divinità; inoltre era considerato colui che corrompeva i giovani. Egli durante il processo ha deciso di difendersi da solo perché diceva la verità ed era sicuro di sé. Durante la lettura, quello che mi ha colpito molto sono stati i discorsi del Saggio. All’accusa che corrompeva i giovani rispose che egli non faceva altro che il suo lavoro, andava in giro tra i giovani a fargli ricercare la verità dentro se stessi; infatti la sua frase più importante che diceva in giro era “GNOTI TE AUTON” ovvero CONOSCI TE STESSO. Inoltre dice: << quando cresceranno i miei figli, o cittadini, cagionate loro gli stessi fastidi che io cagionavo a voi; e se sembra si diano cura delle ricchezze piuttosto che della virtù svergognateli, come io svergognavo voi>>. Già con questo possiamo capire la sua saggezza, la propria coerenza e il senso di giustizia. A mio parere Socrate non ha commesso nessun atto ingiusto nei confronti di coloro che seguivano il suo insegnamento, esprimeva soltanto il proprio pensiero e attraverso la dialettica, ovvero domande e risposte, e utilizzando due metodi, quello dell’ironia e della maieutica, metteva in difficoltà gli interlocutori facendogli capire che niente di quello che dicevano fosse vero e infine faceva pervenire l’interlocutore alla verità che aveva dentro l’anima. Invece per quanto riguarda gli dei dice che in ognuno di noi c’è un daimonion, ovvero una voce divina che avverte nella nostra anima fin dalla nascita e che ci distoglie dalle azioni malvagie e ci indirizza verso una vita virtuosa e che ognuno di noi deve ascoltarla. Egli, dopo aver smontato le accuse dei suoi calunniatori, aveva capito che non era riuscito a convincere i giudici poiché erano corrotti, per questo era anche nemico della democrazia. Egli non voleva accettare accuse false ed essere mandato in esilio, oppure scappare dalla città, anche perché ha sempre rispettato le leggi della città, ma sapeva benissimo che gli spettava la morte. Socrate però non aveva paura della morte perché diceva che se la morte è un semplice nulla egli avrebbe vissuto soltanto una lunghissima notte, invece se esiste un aldilà, per lui che è stato un uomo giusto, avrebbe vissuto una bellissima avventura. Quest’opera mostra quanto l’invidia degli uomini possa essere dannosa per la società. Io ammiro il coraggio di Socrate e soprattutto l’arma che ha usato contro i falsi sapienti e invito tutti ad esprimere, senza aver paura, ciò che si pensa e si crede anche contro di chi ha più potere nella giustizia. Il modo con il quale ha agito Socrate deve essere un insegnamento per tutti noi che viviamo in una società dove regna l’invidia e l’egoismo.

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  8. “L’apologia di Socrate” è l’opera che racconta il processo contro il filosofo , la sua autodifesa e la conclusiva condanna a morte. Socrate confuta tutte le accuse mosse contro di lui, partendo dalle più antiche, fino alle attuali. Assiste alla dichiarazione di colpevolezza e alla richiesta di pena di morte, e propone la sua possibile pena. Le accuse mosse da Meleto,Anito e Licone erano di empietà, per aver rinnegato il culto degli dei della città, aver tentato di introdurne dei nuovi, e di corrompere i giovani facendo apparire migliore anche la ragione peggiore. La prima accusa da cui si difende è quella legata alla corruzione dei giovani; tale calunnia scaturisce dal fatto che durante i suoi dialoghi il maestro era seguito da molti giovani che desideravano carpire i suoi insegnamenti e cercavano di imitarlo. Lancia un ultimo monito ai giudici proclamando di non temere la morte.
    Platone racconta che le inimicizie nei confronti di Socrate ebbero inizio dopo la rivelazione dell’oracolo di Delfi: “Socrate è l’uomo più sapiente del mondo”. Il maestro era combattuto fra la consapevolezza di non sapere e la convinzione che il dio non poteva aver mentito; il desiderio di risolvere l’enigma che lo affliggeva lo spinse alla ricerca. Incominciò a cercare e a dialogare con gli uomini ritenuti più sapienti attraverso brevi ed incisive domande che richiedevano risposte precise ed immediate. Si accorse in questo modo che tutti coloro che sostenevano di possedere la conoscenza, almeno nel loro campo specifico, ne avevano soltanto la presunzione e venivano messi in crisi dalle domande del filosofo. Prima di ogni altro analizzò gli uomini politici e i poeti perché erano ritenuti i più colti. Dei primi disse che “usavano belle parole, ma che non ne sapevano il significato”, mentre dei secondi disse “poetano per predisposizione naturale e non per propria cultura”. La sua ricerca che non aveva riguardo verso nessuno (tanto meno verso chi detiene il potere) gli causò tutte le accuse future,citando testuali parole: “E’ con questa indagine, cittadini ateniesi, che mi sono attirato l’ostilità più aspra e profonda di parecchia gente: donde poi sono nate le varie calunnie ...”. Dopo aver concluso le sue indagini comprese il significato dell’oracolo: egli era sapiente non perché conosceva molto, ma era l’uomo più sapiente in quanto non sapeva.
    La lettura mi ha abbastanza colpita ed ha catturato la mia attenzione per i mirabili discorsi del Saggio e per la sua coerenza e senso di giustizia. Egli dopo aver smontato le accuse dei suoi calunniatori sa benissimo di non esser riuscito a convincere i giudici, poiché corrotti, ma afferma di non aver paura della morte. Penso che morire con coerenza sia per lui una fine gloriosa e che questa condanna sia il suo ultimo insegnamento, l’estremo tentativo di convincere gli uomini a far del bene perché gli Dei , a dir suo, premiano sempre, ed è proprio per loro che non rinuncia all’ arte del sapere e del parlare.
    Quest’opera mostra quanto l’invidia degli uomini possa essere dannosa per la società presente e quella futura, e sotto questo aspetto è un tema attualissimo. Ammiro il coraggio di Socrate e la sfrontatezza di cui si arma contro i falsi sapienti a costo di attirarsi l’odio di molti . Sono convinta che Socrate debba essere un insegnamento per tutti noi che viviamo in una società dove regna l’egoismo e l’assenza di valori; è un invito a non aver paura di esprimere ciò che si pensa e in cui si crede, anche contro chi ha più ‘potere’ nel nome della giustizia!

    Carbone Federica III As

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