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mercoledì 25 novembre 2015

Cartesio e il Discorso sul metodo


9 commenti:

  1. Iniziando a leggere il "Discorso sul metodo" di Cartesio, mi sono accorta che gli argomenti che tratta ci riguardano in prima persona, e che sono validi e attuali anche a distanza di anni.
    Mentre lei ci spiegava una parte dell'opera ha detto che ha già letto moltissime volte questo libro, sia da solo che con i suoi studenti, ma che ogni volta è come se fosse la prima perché scopre sempre qualcosa di nuovo. Ed effettivamente è così. Mi è capitato che rileggendo un libro o una semplice lettera, scoprissi talmente tanti particolari...come se lo stessi aprendo per la prima volta.

    Adoro ciò che dice Cartesio sul buon senso; tutti ne siamo dotati, ma non tutti lo sappiamo usare. Questo si rifà in un certo senso alla logica illuminista. Essi dicevano infatti che gli uomini possiedono la ragione, cambia solamente il modo in cui viene usata, perciò dovevano essere trattati alla pari dinanzi alla legge.
    Sono la costanza e la cultura che ci permettono di usare al meglio il nostro intelletto. I frutti che poi raccogliamo dai nostri sforzi, non sono dovuti al fatto che abbiamo un' intelletto superiore agli altri, ma al caso.
    Un esempio tipico di come noi usiamo la nostra mente è quello dell'ambiente scolastico. Non tutti gli studenti prendono buoni voti, ma ciò non vuol dire che non ne siano in grado, semplicemente non usano a pieno le loro capacità.

    Dice Cartesio, meglio dubbi che certezze, e ha davvero ragione. Spesso essere sicuri di qualcosa, porta a delusioni.

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  2. Come scrive Cartesio nella prima parte del libro, il buon senso, è presente dentro di noi in uguale quantità e ciò che ci differenzia è come lo usiamo.Io per certi aspetti la penso come lui perchè anche secondo me tutti abbiamo delle capacità che possono renderci più bravi degli altri in base a come le usiamo.

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  3. Iniziando a leggere il "Discorso sul metodo" di Cartesio, mi sono resa conto che gli argomenti trattati ci riguardano in prima persona, e che sono validi anche a distanza di anni.
    Professore, mentre lei ci spiegava una parte dell'opera ha detto qualcosa a cui non avevo mai pensato. Ci ha detto che ha letto tantissime volte questo libro, sia da solo che con i suoi studenti, ma che ogni volta è come se fosse la prima perché scopre sempre qualcosa di nuovo. Ed effettivamente è così. Mi è capitato che rileggendo un libro, scoprissi così tanti particolari... come se lo stessi aprendo la prima volta.
    Adoro ciò che Cartesio pensa del buon senso; tutti ne siamo dotati, ma non tutti lo sappiamo usare. Questo si rifà alla logica illuminista. Essi dicevano che tutti gli uomini possiedono la ragione, cambia solamente il modo in cui viene usata, perciò dovevano essere trattati alla pari difronte alla legge.

    Sono la costanza e la cultura che ci permettono di usare al meglio il nostro intelletto. I frutti che poi raccogliamo dai nostri sforzi, non sono dovuti al fatto che abbiamo un' intelletto superiore agli altri, ma al caso.
    Un esempio tipico di come noi usiamo la nostra mente è quello della scuola. Non tutti gli studenti prendono buoni voti ma ciò non vuol dire che non ne siano in grado, semplicemente non usano a pieno le loro capacità.

    Non ha tutti i torti Cartesio a pensare che sia meglio dubitare piuttosto che avere certezze.
    La certezza infatti non è qualcosa di effettivo, può essere un inganno mentale in relazione al contesto in cui ci troviamo. Inoltre essere sicuri porti a volte porta alla delusione.

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  4. Siamo arrivati alla fine della prima parte del libro.
    Discutendo in classe le ho detto che mi ha colpito il saper relazionarsi con gli altri. Non bisogna essere colti o avere un titolo lavorativo per esporre in modo adeguato le proprie opinioni.
    Il punto di vista di qualcuno, può essere affermato senza bisogno di ricorrere a parole o frasi ricercate, esso può essere espresso anche in dialetto.
    Gli anziani sanno spiegare dei concetti che altri non sarebbero stati in grado di fare.

    La questione successiva è stata conoscere se il saper parlare bene fosse un dono di natura o scaturisce dalle esperienze fatte. Io penso che sia un misto tra le due cose.
    Da un lato bisogna nascere con una predisposizione alla poesia, o alla scrittura. Dall'altro però si devono fare le giuste esperienze e coglierne il loro senso più profondo. Cosa che non tutti sono capaci di fare.
    Infine l' autore ci consiglia di andare alla ricerca di noi stessi. Perché le uniche verità che ci è permesso conoscere e di cui possiamo essere certi, si trovano dentro di noi.

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  5. Il discorso sul metodo è la prima opera pubblicata da Cartesio in forma anonima. Di tale opera abbiamo argomentato una piccola parte nella quale viene trattato il buon senso. Con esso Cartesio da inizio al discorso. "Buon senso" significa ascoltare i propri sensi in quanto a volte ragionando possiamo sbagliare mentre se percepiamo con i sensi, allo stesso modo, percepiamo la realtà. Il buon senso è quindi la facoltà di distinguere il vero dal falso, tutti lo possediamo, ma non tutti sappiamo farne buon uso. Bisogna essere sensibili per comprendere la realtà che ci circonda.
    Cartesio afferma:"Non mi propongo di insegnare qui il metodo che ciascuno deve seguire per ben guidare la propria ragione, ma solo di far vedere in che modo ho cercato di guidare la mia." Egli pensa di aver trovato il giusto metodo, ma ammette anche la possibilità che esso sia sbagliato.
    Solo noi possiamo sapere cosa è giusto per noi stessi senza affidarci agli altri. Se noi mettessimo in dubbio noi stessi allora potremmo mettere in dubbio anche gli altri, ma questo solo dopo aver conosciuto il nostro io più profondo, in quanto la ragione non scaturisce dal pensiero degli altri, ma da quello di se stessi.

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  6. Nelle ultime due settimane abbiamo letto in classe la prima parte del "Discorso sul metodo" di Renée Descartes. Cartesio in quest'opera intende mostrare non una via di conoscenza valida per tutti, ma la via che egli ha intrapreso per conoscere la sua verità, e le circostanze che lo hanno portato a perseguire proprio quella. Infatti ognuno di noi percorre diverse vie di pensiero, ma vi è la necessità di trovare quella giusta per noi, e, dice Cartesio, possiamo trovarla solamente applicando bene l'intelletto, essendo costanti e usando un metodo. Egli fa come Socrate: non fa conoscere una verità, ma la propria verità personale. E questo è molto importante: è importante perché la formazione che Cartesio aveva ricevuto, e che più in generale tutti noi riceviamo frequentando scuole e università, mira a formare in noi un'idea ben precisa: mira a costruire delle macchine, che pensano allo stesso modo, fanno e vogliono le stesse cose solo perché qualcuno prima di noi lo ha stabilito. Tutto nella nostra società ci spinge a essere delle macchine e noi non ce ne accorgiamo: dobbiamo studiare per avere buoni voti, dobbiamo mangiare tre volte al giorno, dobbiamo sposarci e avere dei figli, perché è bene, è conveniente fare così e chi non lo fa è considerato riprovevole. Ma perché? Perché DOBBIAMO essere così? Se ci pensiamo, capiamo che tutto sembra legato da fili invisibili in un mondo dove noi siamo le marionette, incapaci di pensare e agire, mosse da qualcosa che non comprendiamo, convinte che quello che facciamo, o diciamo, sia quello che pensiamo veramente, mentre invece è qualcosa che ci è stato impresso dentro, che non è vero ma noi crediamo che lo sia perché ci è stato tramandato dagli antenati, o perché ci è stato insegnato in un certo modo, magari con una tecnica persuasiva come facevano i sofisti, o perché, per usare un esempio più attuale, "l'ha detto la televisione quindi è vero". E noi, vittime del sistema ma allo stesso tempo carnefici, ripetiamo le stesse verità (che verità non sono) ai nostri figli, che le ripeteranno ai loro figli, in un circolo vizioso infinito. Dobbiamo rompere questo circolo vizioso, e liberarci dai pregiudizi: non bisogna credere a tutto, ma dubitare di ciò che non è certo o provato, dice Cartesio, e qui si fonda il suo metodo del dubbio. Quindi Cartesio, secondo me, pensò a tutto questo nel corso della sua formazione: egli ricercava la verità, pensando di trovarla sui libri, nelle scuole, che si diceva potessero dare un insegnamento certo...ma si rese presto conto che non era così. Ed è proprio qui che egli critica la tradizione: prima cosa perché non era in grado di dare una conoscenza certa, poi, secondo me, perché la conoscenza veniva (e viene ancora oggi) considerata come un semplice accumulo di dati: e più dati riesci ad accumulare, più sei sapiente e vieni lodato da tutti. La conoscenza non è questo. E Cartesio, appunto, appena lo capì, cioè nella notte fra 10 e 11 Novembre 1619, quando "trovò i fondamenti di una scienza mirabile", e un anno dopo, quando capì i fondamenti di quella scoperta, abbandonò gli studi di lettere e cominciò a viaggiare. Il viaggio è sinonimo di ricerca: cosa cerca Cartesio? Cosa pensa di trovare viaggiando? E, soprattutto, perché si ostina a cercare questo qualcosa all'esterno di sé stesso? Ha fame di conoscenza ma il suo approccio non è ancora del tutto corretto. Tuttavia viaggiando comincia a liberarsi dagli idola, come diceva Bacone; si libera dai pregiudizi che, per tutta una vita, la società, gli studi o il pensiero degli antenati avevano tentato di imprimergli dentro. E così, finalmente, arriva al passo successivo. Egli è pronto per conoscere la sua verità: decide di scendere nell'abisso che ha dentro di sé e di ascoltare il Daimon che parla, come sosteneva Socrate. E Cartesio sottolinea l'importanza di scendere nel proprio abisso interiore come passo fondamentale della conoscenza: CONOSCI TE STESSO. (Non mi faceva pubblicare tutto in un solo commento quindi continuo in un altro...)

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  7. (...ecco l'ultima parte del commento) Gurdjieff affermava che l'uomo non conosce sé stesso, e che per questo motivo non può prendere nessun impegno: infatti dentro ognuno di noi c'è una moltitudine di uomini, e perciò per essere capace di fare qualunque cosa l'uomo deve conoscere sé stesso, deve essere. E, proprio per questo, è inutile andare a ricercare qualcosa all'esterno di noi stessi, perché non potremmo mai raggiungere una conoscenza certa, non conosceremmo mai tutto, e pure ammesso che in un tempo infinito, l'uomo, essere finito, potesse paradossalmente accumulare tutte quelle infinite informazioni, non conoscerebbe mai ciò che è più importante: cioè sé stesso. Cambia in questo modo il METODO di approccio alla conoscenza della verità, che da semplice accumulo di quanti più dati possibili, diventa sintesi di ciò che per noi è importante. Secondo me questo libro è molto interessante perché ci fa riflettere su molte cose. Spero che nel corso della lettura ci saranno spunti per altre riflessioni del genere.

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  8. Credo che Cartesio, parlandoci delle case restaurate e della loro irregolarità, ci vuole far capire che quando pensiamo o facciamo una cosa, non dobbiamo necessariamente partire da basi già esistenti. Bisogna invece crearne di nuove, sulle quali fondare i nostri concetti.
    Egli dice:"...di quelle che parecchi hanno cercato di ristrutturare valendosi di vecchi muri costruiti con altre finalità".
    E' inutile pensare, partendo da fondamenta già esistenti. Non sappiamo effettivamente se queste, fossero state create affinché siano alla base di quella determinata teoria.
    E se ci sbagliassimo? E se sono state create con altre intenzioni?
    Questo significherebbe che tutto ciò in cui abbiamo creduto fin adesso è una menzogna.

    Per questo è importante costruire con "pietre" e "muri" nuovi, per non cadere in inganno, pensando invece di avere ragione.

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  9. Nella seconda parte del libro, mi accorgo che Cartesio ha un pensiero simile al mio.
    Anche lui, proprio come me, dice che invece di rattristarci perché non riusciamo a raggiungere i nostri obbiettivi, dobbiamo cercare di renderli più semplici.
    Ciò significa dividere l'obbiettivo finale in altri piccoli. Questi ultimi devono però essere messi secondo gradi di complessità.

    Inoltre, così come dice il filosofo, non bisogna avere grandi aspettative.
    Personalmente, credo sia una delle poche verità universali a cui dovremmo fare riferimento. E' inutile vivere di speranze, perché un giorno verranno deluse.
    Meglio non averne di aspettative nella vita e prenderla così come viene.
    D'altronde il mondo non è fatto per soddisfare i nostri desideri, e forse un desiderio a cui teniamo tanto, se non viene realizzato, può segnarci per sempre.

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