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domenica 26 febbraio 2012


Etica condivisa




Se ci poniamo alla ricerca di un’etica oggettiva (soprattutto con lo scopo di opporci al relativismo morale o addirittura all'assenza di regole morali) ci potremmo trovare di fronte una di queste due strade:


1. Si opta per un'etica rivelata: è Dio che ci dice che cosa è giusto o sbagliato; però in questo caso bisogna considerare che per un credente di un'altra religione, per un ateo o un agnostico quell'etica potrebbe essere senza valore o, addirittura, contraria alla sua...

2. Ci si attiene a un’etica semplicistica: scelgo un principio che mi sembra inattaccabile e mi ci conformo, mi basta questo per essere sicuro che possa valere per tutti.

Io potrei decidere di attenermi al comandamento "Ama il prossimo tuo come te stesso", pur non essendo religioso, oppure potrei conformarmi alle tre formulazioni dell’imperativo categorico kantiano:


1. Agisci unicamente secondo quella massima in forza della quale tu possa volere nello stesso tempo che essa divenga principio di una legislazione universale.


2. Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, mai solo come un semplice mezzo.


3. Agisci in modo tale che la tua volontà possa, in forza della sua massima, considerare se stessa come istituente nello stesso tempo una legislazione universale.


La realtà, però, è complessa, ogni situazione, ogni ambiente ha molteplici variabili. Spesso coloro che abbracciano un'etica oggettiva non fanno altro che semplificare la realtà, dando molte cose per scontate. Siamo sicuri che le tre formulazioni kantiane possano valere sempre e in ogni luogo?


Casi pratici:

se ci dovessimo attenere ai principi kantiani oppure a quanto disse Gesù nel famoso discorso della montagna, quando enunciò la regola d’oro dei cristiani: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Matteo 7:12). Potremmo incorrere, forse, nello stesso relativismo morale che vogliamo condannare: se i nostri desideri fossero malvagi che cosa accadrebbe? Pensiamo a questi casi:


1. Io vorrei che il professore mi promuovesse: se diventerò professore, promuoverò tutti! Anche chi non studia? E allora non commetterei un’ingiustizia nei confronti di chi ha sempre studiato?


2. Vorrei che una ragazza che non mi ama mi amasse, quindi io dovrei amare anche chi non amo?


Discutiamone insieme...

30 commenti:

  1. Salve prof, credo che la tematica affrontata sia davvero interessante e utile anche per l'esercizio del pensiero spesso abbandonato ad altro.

    Kant era un agnostico eppure disse come ho la certezza che le stelle stiano sopra di me so che la legge morale è dentro di me, aggiungo poiché tutti gli uomini siamo fatti della stessa materia e anche se ciò che ognuno sente è diverso, l'essenza è la stessa. Le necessità, i desideri dello spirito sono uguali in tutti gli uomini. Ecco che potrei chiamare in causa Hegel il quale asserisce che l'individuo in realtà lotta per realizzare i propri fini solo perché coincidono con quelli dello spirito. Adesso pongo una domanda che potrebbe smentire quanto detto da Hegel, quindi ogni fine realizzato anche se immorale o che danneggia gli altri è giustificato e razionalmente giusto perché necessario allo spirito? No, non è così. Hegel chiarisce che non tutto è razionale solo ciò che è necessario allo spirito non ciò che è contingente. Inoltre egli non valuta razionalmente il possibile, cioè la possibilità che accada qualcosa( la storia non si fa con i "se"), ciò significa che quello che accade ma potrebbe non accadere allora non è necessario allo spirito. Fissando tali concetti e ponendoci alla ricerca di un' etica oggettiva senza quelle leggi morali che regolano la vita dell'uomo il problema non dovrebbe esistere perché le stesse leggi morali che oggi e ieri hanno regolato la vita dell'uomo sono state create e scritte dagli uomini stessi, quindi saranno identiche anche domani nel caso in cui verranno dimenticate.
    Ma so che questa è solo un'utopia perché purtroppo gli uomini che ignorano la propria legge morale esistono ed esisteranno. Perciò non è sufficiente avere fiducia negli uomini e nella loro legge morale ma, credo che ancora una volta posso sostenere che vivere senza leggi regolatrici sia possibile se, come asserì Leopardi, gli uomini consapevoli del male comune e del nemico comune si alleassero per ridurre il più possibile il dolore di tutti gli uomini, promuovendo l'intera umanità a soggetto di questa lotta a favore dell giusto e dell'autentico.

    Forse fermandomi a quanto detto potrei essere identificata come colei che " abbraccia un'etica oggettiva non facendo altro che semplificare la realtà, dando molte cose per scontate."
    Si, forse sto dando molte cose per scontate ma sono convinta che per costruire un'etica oggettiva esentandola dalle leggi che regolano le azioni degli uomini bisogna porre i fondamenti sopra citati suggeriti da Kant Hegel e Leopardi e di altri uomini che prima di noi hanno cercato di capire il meccanismo di un'etica autentica.

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  2. Caro professore,
    ritengo la questione qui proposta molto interessante. Non nascondo di essere piuttosto pessimista per quanto riguarda la possibilità di trovare un'etica che sia valida per tutti e che tutti condividano. Non mi ritengo un relativista, anzi; però mi accorgo che in questo caso non si può fare a meno di esserlo.
    Io, ad esempio, ritengo validissime le tre formulazioni dell'imperativo categorico di Kant, e trovo che "l'imperativo" del Vangelo di Matteo sia altrettanto valido. Ma, mi si potrebbe ribattere, dinanzi a casi pratici, come quelli da lei proposti, tali principi non reggono più. Sono d'accordo, e penso che questo accada perchè tutte queste formulazioni presuppongono un "buon senso comune", una unità di intenti. In realtà, a mio parere, tutti noi abbiamo bisogno di credere in un buon senso comune; ecco perchè abbiamo delle leggi ed ecco, soprattutto, perchè tali leggi sono adottate a maggioranza. Dire "Agisci unicamente secondo quella massima in forza della quale tu possa volere nello stesso tempo che essa divenga principio di una legislazione universale" andrebbe bene purchè tutti avessero delle massime buone, dei desideri puri o, quantomeno, pur desiderando qualcosa di "immorale", si rendessero conto di tale immoralità. Ma, penso, è capitato a tutti noi di avere a che fare con qualcuno le cui convinzioni, da questi sostenute con ardore, ci siano sembrate assurde. Ora, la domanda è: come ovviare a tutto questo? Come stabilire chi, tra me e questo " sostenitore di assurde idee", abbia ragione? E quali tra le nostre idee sono realmente assurde? Basta, a tal proposito, affidarsi a quel buon senso comune sovracitato?
    La risposta è no, almeno secondo me. Non è detto che una legge approvata quasi all'unanimità sia perfetta, nè che la tesi sostenuta da uno sia meno esatta dell'antitesi sostenuta da altri cento. Nè, tantomeno, penso ci si possa affidare, come dice Ilaria, al giudizio dei grandi che ci hanno preceduti(che non è, tra l'altro, univoco). Dovremo, quindi, continuare ad avere delle leggi dettate dal giudizio di alcuni, sottoponendo a questo il nostro? Dovremo ancora indignarci in silenzio di fronte a chi ci fa notare che la nostra idea non è buona perchè "lo dicono tutti", e se "lo dicono tutti, un motivo ci sarà"? Temo di si. E' al giudizio della maggioranza che noi ci atteniamo, non ad uno che sia necessariamente esatto.
    Mi rendo conto di lasciare la questione ancora più aperta di quanto non l'abbia trovata e di non aver proposto alcuna soluzione a tale "problema", ma non vedo altra scelta che basarmi, per ora, sul mio concetto di morale, fiducioso comunque nel valore del confronto di idee.

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  3. Certamente il nostro intento principale, in questo post, è quello di discutere, parlare per esercitare il pensiero. Forse, e dico forse, il miglior giudice di un comportamento sono le conseguenze che esso produce: se io penso di essere nel "giusto" e il mio comportamento crea dei danni agli altri, allora, forse, non sono nel giusto.

    ESEMPIO PRATICO: se io fossi convinto che il divieto di parlare al cellulare mentre guido è un'imposizione ingiusta, considerato che io posso scegliere di correre i rischi che più mi piace, io posso decidere di continuare a parlare... ma non potrò lamentarmi se la Polizia stradale mi farà la multa. Tuttavia il male peggiore non è la multa, ma la quasi certezza che, parlando al cellulare mentre guido, io possa procurare danni: uccidere qualche animale; distruggere il recinto di una proprietà privata; mettere in pericolo la vita di chi viaggia con me e, nell'ipotesi più tragica, uccidere un altro essere umano. In questo caso, bisogna essere categorici, perché, parlare al cellulare mentre si guida la macchina è pericoloso per gli altri.

    Credo che non sia inutile discutere di questo: se gurdiamo i progressi che il genere umano ha fatto (certo, c'è ancora molto da fare!) nel campo della difesa dei diritti umani, possiamo essere ottimisti e credere che se saremo in tanti a perseguire la "giustizia" essa sipotrà realizzare. Sono d'accordo con Ilaria quando afferma che l'esempio dei grandi che ci hanno preceduto non vada disperso.
    Occorrono leggi scritte, ampiamente condivise e se ci si accorge che producono danni avere il coraggio e l'umiltà di cambiarle... lo diceva Popper, ma anche Hesse: noi procediamo per tentativi... un passo giusto e dieci sbagliati... ma quel singolo passo giusto è una speranza di successo...
    Se gli uomini potessero andare d'accordo "oralmente" nessuno avrebbe scritto le leggi e Aristotele non avrebbe scritto un libro dal titolo "La costituzione degli Ateniesi", occorre, quindi, scrivere le leggi e quando non funzionano cambiarle...

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  4. Professore, io non credo si possa trovare un'etica oggettiva, ma solo avvicinarci ad essa. Da tempo i grandi filosofi si sono impegnati a trovare un'etica che valga per tutti. Per me nessuno l'ha mai trovata e nessuno la troverà, appunto sostengo che a ''quest'etica oggettiva'' possiamo solo avvicinarci. Il filosofo che ritengo si sia avvicinato di più è Kant tramite il suo concetto di legge morale.

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  5. Giuseppe, potresti chiarire meglio che cosa intendi quando affermi "ci possiamo solo avvicinare"? Forse vuoi dire che possiamo trovare un'etica che valga per molti ma non per tutti?

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    1. La vita umana e' plasmata fin dall'infanzia da un insieme di modelli di comportamento che costituiscono l'ethos sociale il modo di sentire la vita, di interpretarla ,di viverla .Nessun individuo nella sua esistenza e' completamente libero dall'ethos sociale,dal costume sociale.Faccio fatica a pensare un mondo equilibrato in cui ognuno segua coerentemente la propria morale.Cioè se uno ha alcune personalità critiche, magari si ricava una morale coerente, vive coerentemente con le sue personalità critiche,e ostacolando anche gli altri si creano contrasti però sono tutti coerenti internamente.Oggi gli amorali non si pongono il problema di seguire una morale, né di esservi coerenti.Quello che voglio dire è che si può essere amorali per violenza, per apparenza (chi cerca il successo, la ricchezza ecc..) .A mio avviso chi elabora un'etica semplicistica lo fa spinto da una carica morale, sulla quale spesso poggia la sua autostima. In alcuni casi è evidente la mancanza di coerenza e non è difficile trovare casi in cui la regola morale crolla quindi non si può pretendere che valga come assioma universale.È abbastanza evidente che quando la società è formata da gruppi incompatibili (per me è un diritto ciò che per te è un delitto) il rischio di tensioni è molto forte, anche perché in genere le due parti commettono continuamente errori per dimostrare che "hanno ragione". Ecco quindi che, anziché cercare un'etica oggettiva, si potrebbe tendere ad allargare ad altri i nostri convincimenti etici, a fondare la compatibilità con chi ci è vicino, a frenare le incompatibilità. La nostra azione non deve avvenire ordinando agli altri la nostra etica, ma consigliandola perché di fatto promuove per esempio un miglioramento sociale . Non dobbiamo dimenticare che una tendenza etica pone come criterio base della moralità il conseguimento della felicità. Un'azione è morale nella misura in cui fa conseguire la felicità, che a sua volta esprime la piena realizzazione della persona. «La felicità è la cosa più preziosa di tutte; l'uomo non può farne a meno; se la deve guadagnare coi suoi sforzi; e l'unico mezzo per ottenerla è la rettitudine morale»' (Aristotele).Però la società ha bisogno di valori etici per un corretto funzionamento e per la definizione di regole pratiche (la legge ne è un esempio).La legge morale, quindi, o è autonoma o non è morale. Ma dove trovare nell'uomo la fonte dell'agire morale? Non certo nell'interesse, perché chi agisce per l'interesse di guadagnare un premio o di evitare un castigo è semplicemente un egoista o un opportunista.

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  6. Caro Enzo, volevo ribatterti qualcosa e spero di essere chiara.Quando dici che gli imperativi categorici, in particolare il terzo, possono essere smentiti dalla praticità non posso che essere in disaccordo. A mio parere è proprio nei casi pratici che mi accorgo della loro validità e mi riferisco anche alla regola d’oro dei cristiani: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Il professore ha fatto l’esempio di chi vuole parlare al cellulare in macchina mentre guida. Anche se tale individuo sa di essere ostacolato nel farlo dalla legge della strada, decide di parlare al cellulare ugualmente perché è del parere che la vita è sua e può scegliere di correre i rischi che vuole (decide, quindi, di andare contro la maggioranza che ha approvato tale legge). Ma se si ferma un attimo a pensare che in realtà la vita che mette a rischio non è solo la propria ma di chiunque si trova sulla stessa sua strada o di chi è all’interno dell’abitacolo insieme a lui certamente cambierebbe idea e poserebbe il cellulare immediatamente. Se poi quest’uomo è un imbecille è compito nostro, in quanto uomini dotati della legge morale impedire che commetta gravi errori. Ma suggerisco di guardare più vicino a noi per dimostrare la validità delle leggi dettate del buon senso. Ogni volta che qualcuno ci fa arrabbiare, ma davvero arrabbiare, abbiamo la tentazione di darle uno spintone o comunque di alzare le mani, ma non lo facciamo. Perché? perché c’è qualcosa in noi che ce lo impedisce e ci permette di capire che è tremendamente sbagliato. Infatti se alzassimo le mani ogni volta che ci arrabbiamo la vita di relazione non esisterebbe. Per quanto riguarda la critica al metodo adottato dall’uomo fino adesso per decidere ciò che è “giusto o sbagliato” quindi decidere all’unanimità , posso dirti che neanche qui sono d’accordo. Credo non si possa discutere sulla perfezione in quanto l’uomo non è perfetto ed è normale che tutto quello che dice, fa o crea è altrettanto imperfetto, ma certo con l’impegno, attraverso la legge morale, il buon senso, l’ intelligenza può avvicinarsi alla perfezione. Le leggi anche se scelte all’unanimità certo non sono perfette e non lo saranno mai, ma l’uomo non può sedersi con la gamba accavallata aspettando che qualcuno più perfetto di lui gli dica cosa fare. Deve agire, come può e nelle sue possibilità ma deve agire, fare scelte e quindi vivere. Sono d’accordo quando sostieni che c’è qualcuno che decide per noi ma possiamo ribellarci, lottare, far sentire le nostre idee anche se non sono ascoltate sperando che anche esse possano essere utili agli altri. E si, lo ammetto che per fare ciò ci vuole tanto coraggio, non è così facile come sto dicendo. Ma esserne consapevoli è in passo. Questo ci è stato insegnato da chi ha vissuto prima di noi, non parlo solo di Kant o Leopardi e di altri grandi che hanno scritto la storia ma anche dai nostri nonni, genitori da chiunque ha vissuto anni prima di noi e hanno visto l’evolversi dell’umanità.

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  7. Salve prof, secondo me è possibile giungere ad un etica oggettiva solo in un modo, amando il prossimo come se stessi. Ecco perchè mi trovo d'accordo con le tre formulazioni dell'imperativo Kantiano, e anche con la frase "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" del Vangelo di Matteo. A tal proposito voglio fare un esempio: sappiamo che in alcuni paesi oggi c'è ancora la pena di morte. Quindi per alcuni uomini questo tipo di pena è considerata giusta, etica. questo perchè l'etica è diversa da popolo a popolo,e viene considerata diversamente dai vari uomini; se per me è giusta una cosa per un altro può non esserlo. E' qui il nodo della questione: bisogna ricercare un'etica che valga per tutti, e la si potrà trovare solo quando l'uomo si accorgerà dell'altro uomo, quando comincerà a pensare all'interesse collettivo prima di pensare a quello personale.

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  8. si intendo proprio quello... con la frase ''ci possiamo solo avvicinare''intendo che si può solo trovare un'etica che vele per la maggior parte degli uomini ma, mai per tutti.

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  9. Concordo con Ilaria, la tematica qui trattata è estremamente interessante, e riflettendo su tale argomento, sono arrivata a pensare che oggi più che mai porsi alla ricerca di un'etica oggettiva mi sembra essere un'impresa molto ardua... Poniamo, comunque, di essere costretti a farlo: certamente la strada più semplice e veloce è quella di attenersi ad un'etica rivelata, ignorando i limiti che essa comporterebbe, ossia la presenza di altre "fedi". La scelta poi di un'etica semplicistica credo sia molto riduttiva e acritica, un po' fatta per senso del dovere o, peggio ancora, per una sorta di "appagamento di coscienza". Quanto agli imperativi categorici kantiani, certamente di indiscutibile valore filosofico, secondo me presentano una forte componente utopistica. Quello che mi sembra veramente universale e inattaccabile è il principio kantiano secondo il quale l'uomo andrebbe trattato come un fine e mai solo come mezzo. In un tempo e in una società in cui l'uomo è sempre più strumentalizzato e poco considerato in quanto essere, questo pensiero, sarebbe bello, se assurgesse a principio naturale di ognuno di noi e a legge valida per ciascun individuo. Tornando alla ricerca di un'etica oggettiva, credo che , tenendo come punto fermo il rispetto per l'altro, ogni uomo potrebbe sviluppare una morale consona e compatibile al proprio essere e ai propri valori.

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  10. Cara Ilaria,
    tu sei stata molto chiara, ma forse io non lo sono stato altrettanto. In primo luogo vorrei dirti che dando dell'imbecille a chicchessia, come tu hai fatto, significa sostenere la superiorità delle proprie idee sulle altrui. In questo modo tu stai, a mio parere, affermando che l'unica etica esatta è quella nella quale tu credi, mentre il concetto di etica altrui, visto che è opposto al tuo, è da imbecilli. Anch'io, come tutti credo, ho un mio concetto di etica, ed è naturale che io concepisca come esatta e universalmente valida proprio questa, e non quella di altri, che a me sembra assurda. Ma quando io dico che mi sembra impossibile tracciare un'etica che vada bene per tutti, intendo proprio dire che mi sembra impossibile dimostrare la superiorità del mio concetto di etica rispetto a quello altrui. Ripeto, io sono convinto che il mio punto di vista, in questo caso, sia l'unico possibile, ma chi mi dice che, oggettivamente, sia veramente così? E, soprattutto, come potrei io mai riuscire ad imporre ad altri ciò che per me è giusto, ma che per altri potrebbe essere inconcepibile?
    Poniamoci di fronte ad un caso pratico. Io, come penso anche tu, considero gli immigrati o, ad esempio, le persone omosessuali, assolutamente uguali a me, degne di altrettanto, se non maggiore, rispetto dei miei connazionali. Ma sono convinto sia capitato anche a te di avere a che fare, anche nel nostro paese, con persone secondo le quali tale "diversità" è sufficiente a giustificare atti discriminatori o addirittura razzisti. Ora, la questione è la seguente: io sono assolutamente convinto che il mio modo di vedere la realtà sia, in questo caso, incontestabilmente esatto; ma come posso io sostenere, se mi pongo su un piano puramente oggettivo, che sono io il giusto, mentre gli altri sono pazzi? E come potrebbero queste persone, convinte come sono della legittimità delle loro idee, applicare le formulazioni dell'imperativo categorico Kantiano?
    Mi pongo temporaneamente nei panni di una di queste persone. Io voglio applicare la prima formulazione dell'imperativo categorico di Kant. La riassumo così:"Qualsiasi cosa tu faccia, bada bene che tale cosa possa essere utilizzata come principio di una legislazione universale". Ora, io sono un razzista convinto, e penso che gli immigrati dovrebbero essere insultati e discriminati, perchè diversi da me. Bada bene che il fatto che questa mia idea debba essere applicata come principio di una legislazione universale, non solo non mi spaventa, ma anzi mi prospetta davanti un "paradiso", perchè io, razzista convinto quale sono, sogno un mondo nel quale le persone inferiori siano considerate tali e pertanto sfruttate. Ecco che, in questo caso, gli imperativi non valgono più, perchè le "premesse"di questi variano da individuo a individuo.
    Prima di concludere, io voglio puntualizzare nuovamente la mia idea, a scanzo di equivoci. Io non sono un relativista, non penso che la realtà non ammetta giudizi definitivi. Io sono convintissimo, e non potrei fare a meno di esserlo, che morale è ciò che io considero morale, e che immorale è ciò che io considero immorale. Io biasimo senza esitazione le posizioni opposte alle mie in questo campo. Semplicemente, però, penso di non poter dimostrare, oggettivamente, l'esattezza di tali mie idee. Mi ci attengo, ma non posso dimostrarle. E' questo che intendo quanto dico che non è possibile, secondo me, trovare un'etica che accomuni tutti e che tutti condividano, ed è per questo che sostengo sia necessario affidarci dogmaticamente ad un buon senso comune, espresso con le leggi.

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  11. Nel formulare giudizi, gli antichi Re erano perfetti, perché facevano dei principi morali il punto di partenza di tutti i loro impegni e la radice di ogni cosa che era utile. Questo principio, però, è qualcosa che le persone di intelletto mediocre non afferrano mai. Non afferrandolo, mancano di consapevolezza, e mancando di consapevolezza, inseguono il profitto. Ma mentre inseguono il profitto, è assolutamente impossibile per loro essere certi di raggiungerlo.
    Lü Bu-wei 246 a.C.

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  12. È chiaro che l'etica non può formularsi. L'etica è trascendentale.
    (Etica ed estetica sono tutt'uno) (3).
    L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

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    1. Innanzitutto buonasera a tutti!
      Io credo sia impossibile trovare un'etica che valga per tutti, anche perché nel mondo siamo sette miliardi quindi ognuno reagisce con un proprio modo, affronta i problemi nella maniera che ritiene sia la più giusta, ogni situazione ha una storia a sé.
      Io, essendo cattolico, opto per un'etica rivelata, poichè Dio, come tale, sa cosa è giusto e cosa è sbagliato; ma questo lo penso io. Perché, sicuramente, ci sono miliardi di cattolici che praticano in maniera diversa la religione, poi ci sono atei o agnostici, per i quali quest'etica potrebbe essere senza valore.
      Quindi tutto è relativo e non può esserci un principio uguale per tutti poichè noi siamo diversi l'uno dall'altro. Secondo me, non può esistere un'etica oggettiva in un mondo così mutevole e svariato.

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  13. La proposta di un confronto di idee sull’etica oggettiva è stata certamente molto interessante soprattutto come stimolo alla discussione come del resto confermato dalla diversità di opinioni e di punti di vista espressi da alcuni di noi (vedi Enzo,Ilaria, Maria Adele).
    Io mi rifiuto di pensare che possano esistere dei principi che possono avvalorare la tesi del relativismo morale e ancor meno potrei accettare l’idea che qualsivoglia forma di vita sociale possa esistere in assenza di regole morali.
    Sono altresì molto scettico sulla possibilità di formulare dei principi di un’etica oggettiva valida definitivamente nella sua estensione temporale e spaziale. In sostanza l’etica dovrebbe avere come punto di arrivo la definizione in modo oggettivo e razionale delle regole che consentano di distinguere i comportamenti umani in giusti o sbagliati. Ora, se osserviamo bene la questione,vediamo che il punto di riferimento è l’uomo,la natura umana con tutta la sua infinita complessità e diversità derivante da condizionamenti interiori (psicologici) ed esteriori (condizioni economiche,storico,geografiche ecc.).
    Comprendiamo allora quanto sia difficile ricondurre questi comportamenti a dei principi di universalità e di oggettività pur essendo consapevoli della necessità di limitare il più possibile il principio del relativismo morale. In questa ottica la ricerca di un’etica oggettiva ,soprattutto nella società moderna,è un’esigenza imprescindibile,uno sforzo continuo da parte di ognuno di noi nell’attuazione di regole e di comportamenti massimamente condivisi e non in contrasto,ma nel rispetto delle regole e dei comportamenti degli altri.
    Dalla sintesi, sia pure limitata dell’incontro di questi comportamenti e dalla misura della loro condivisione può derivare un contributo alla formulazione di un’etica oggettiva.
    Dal punto di vista storico condivido il contributo dato a questa formulazione sia per quanto riguarda i principi del Vangelo sia per quanto riguarda il principio Kantiano dell’uomo considerato come fine e non come semplice mezzo.

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  14. Secondo me non esiste un’ etica che possa valere per tutti perché i valori etici cambiano da paese a paese infatti sono d’accordo con voi nel dire che se per un cristiano è Dio che dice cos’è giusto o cos’è sbagliato per un ateo quest’etica potrebbe essere sbagliata. Però può esistere un’etica condivisa da molte persone e credo che l'unica etica che possa valere per molte persone sia rispettare l’altro inoltre sono d’accordo con il secondo imperativo categorico kantiano,infatti non bisogna trattare mai l’uomo come un semplice mezzo ma come un fine invece molto spesso l’uomo è usato come mezzo: è giusto pagare un muratore affinché ci costruisca la casa ma è sbagliato mandare una persona ad uccidere un'altra persona perché non ci ha dato quello che volevamo e purtroppo questi eventi accadono molto spesso, però se prima di agire pensassimo alle parole di Matteo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” forse potremmo giungere ad un’etica oggettiva.

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  15. Caro prof,leggendo le premesse che voi stesso avete fatto per avviare tale discussione, ho subito puntato l'attenzione sull'interrogativo che ci fa ragionare sulla validità delle tre enunciazioni dell'imperativo categorico kantiano. E bene secondo me le formulazioni kantiane, come la presenza di un'etica oggettiva, non possono valere sempre e in ogni luogo; questo perché il mondo è troppo vario e multiforme e non penso che ogni singola persona possa riuscire a trovare quelle massime, secondo le quali agire, che possano valere per tutti ed essere accettate da tutti. Infatti credo non ci sia nessun metodo in grado di stabilire quale sia la cosa più giusta, più razionale, più etica da seguire, poiché in un modo o nell'altro si cadrebbe in errore o in contraddizione. Personalmente in tale scelta condivido il pensiero hegeliano secondo il quale solo ciò che porta al progresso è razionale, o, per usare il lessico hegeliano, solo ciò che è necessario affinché lo spirito diventi autocoscienza è razionale. Ritengo inoltre fondamentale interrogarci continuamente sulle nostre scelte, poiché anche quando sembra di aver fatto la cosa più giusta e razionale avremo ugualmente commesso qualche errore; una volta trovato tale errore dovremo interiorizzarlo in modo da non commetterlo in futuro, e con il superamento dell'errore potremo migliorare sempre più il nostro modo d'agire. Credo infine che ognuno debba interrogarsi e criticarsi, e da questa critica, volta ad eliminare ogni errore, esser in grado di trovare, tenendo conto delle esigenze altrui, un'etica personale.

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  16. Non sono molto d'accordo, ma aspetto che siano i tuoi compagni a commentare e dopo ti dirò perché...

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  17. Francescoantonio VAs13 marzo 2012 alle ore 20:47

    Io credo che sia difficile o quasi impossibile giungere ad un'etica oggettiva solo amando il prossimo come ci amiamo noi stessi perché la maggior parte degli uomini pensano soltanto per sé non guardando per nulla il prossimo, per far sì che questo metodo funzioni gran parte delle persone dovrebbe cambiare la propria mentalità.Perché questo metodo sia valido le persone prima di agire dovrebbero seguire il principio non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.

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  18. Salve prof,
    Riflettendo su questo tema da voi proposto penso che trovare un'etica condivisibile da tutti sia difficile poichè non tutti abbiamo la stessa visione dell'etica, però secondo me è giusto seguire le tre formulazioni dell'imperativo categorico kantiano per arrivare ad avere una visione etica che valga per tutti.

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  19. Ciò che ha detto Giuseppe si avvicina al mio pensiero ma ciò non vuol dire che esiste un'etica identica per tutti e due.... Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, mai solo come un semplice mezzo. La seconda formulazione dell'imperativo categorico kantiano può avvicinarsi al mio pensiero... poiché gli uomini siamo fatti tutti della stessa "pasta" non vuol dire che tutti dobbiamo agire allo stesso modo... se io faccio del bene pretendo del bene se io faccio del male non posso pretendere del bene e quindi non si può avere un'etica oggettiva ma soggettiva.

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  20. Ciao prof, secondo me non è possibile trovare un'etica perché gli uomini hanno tra loro una diversa concezione di quello che è il giusto comportamento. Se devo scegliere l'etica che secondo me è oggettiva dobbiamo prendere come esempio la frase pronunciata da Gesù nel suo discorso sulla montagna "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". Cosimo Papalia V A

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  21. Sicuramente quello dell'eticità è un argomento spigoloso, per il quale difficilmente si possa giungere a delle conclusioni concrete, cioè all'enunciazione di principi etici che siano universali. Ma sicuramente il confronto, il dibattito ci avvicinano alla soluzione.
    La mia riflessione personale mi ha portata a meditare sulla relatività dell'etica, convincendomi sempre di più dell' impossibilità di trovare un principio che sia condivisibile da tutti.
    Viviamo in un mondo in cui la diversità è la più grande ricchezza, ma in questo caso l'avere ideologie, religioni e credenze disparate, creano il problema dell'impossibilità di stabilire un'etica comune. In tal senso, quindi, la diversità potrebbe apparire come qualcosa di dannoso, se non vista come mezzo attraverso il quale poter giungere ad un grado d'umanità più alto. Per far capire il mio punto di vista vorrei inserire come esempio la pratica dell'infibulazione, pratica che secondo quello che è il mio concetto di eticità non può che essere considerato disumana e avulsa da ogni sorta di comportamento etico, eppure in alcune parti del mondo è considerata una pratica normale, anzi necessaria. Allora come trovare un'etica che sia condivisibile da tutti? Potremmo trovarla, come già detto, nei tre imperativi categorici di Kant o nella morale cattolica: "ama il prossimo tuo come te stesso"? Ma nemmeno questi rientrano in una concezione che possa essere condivisibile da tutti, poiché il concetto di bene non è uguale per tutti.
    Quindi, considerato il relativismo dell'eticità, l'unico mezzo che l'uomo ha per avvicinarsi sempre di più all'enunciazione di principi o per lo meno a leggi che possano regolare nel miglior modo possibile la convivenza civile, sia il confronto dialettico. Di conseguenza non posso che essere in disaccordo con Pietro quando sostiene che il singolo individuo debba attuare una riflessione critica, al fine di giungere ad un'etica personale, perché ciò non risolverebbe il problema del rapportarsi agli altri, del vivere comune, cercando d'arginare il più possibile quello che potrebbe essere dannoso per glia altri, e a ciò potremo giungere solo attraverso il confronto, fiduciosa nel progresso dell'umanità.

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  22. cara Ilaria,ho letto con particolare attenzione il tuo primo commento,e devo dire di trovarmi parecchio in disaccordo con te..tu affermi che si possa trovare una un'etica oggettiva che sia "ab-soluta"dalla legge,correggimi se sto sbagliando..se è questo ciò che pensi trovo sia un pò deviata,dal mio punto di vista,questa tua opinione:questo perchè credo che l'uomo non possa essere morale solo affidandosi al buon senso e alla legge morale insita in lui.io penso infatti che nessun uomo possa essere in grado di vivere seguendo la propria legge morale,perchè da un lato,pur sostenendo qualcosa di moralmente giusto,di fronte a un gruppo di persone che affermano totalmente l'opposto,dovrà far prevalere l'azione immorale rispetto a quella originaria; un atro aspetto potrebbe riguardare le influenze che egli subisce e acquisisce sotto forma di luoghi comuni; mi riferisco,per esempio,alla classica frase detta sempre ai bambini:"non si può uscire,c'è l'uomo nero!". si tratta di una prima cattiva influenza che sin da piccoli si acquisisce e si dà per vera. allo stesso modo ciò avviene con il tipo di mentalità insita nelle nostre famiglie per esempio,che può essere corretta o meno,ma se si vivesse solo servendosi del buon senso e senza le leggi ognuno di noi si sentirebbe sempre autorizzato ad agire secondo il proprio volere e gli insegnamenti ricevuti,e qui si va incontro al libertinaggio.io sostengo quindi che non si possa trovare un'etica oggettiva,come tu dici,esente dalle leggi morali,perchè ognuno di noi assumendo concetti fallaci che possono derivare da luoghi comuni,dalle tradizioni,da ciò che la nostra famiglia dice,credo possa portare a nulla. credo che,pur essendo fatte dall'uomo le leggi,siano un ottimo metodo per garantire il più possibile un'etica oggettiva,perchè sono le leggi ad essere per l'uomo e non l'uomo per le leggi.

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  23. Caro professore,
    credo che l'etica non sia qualcosa che possa essere insegnata tra i banchi di scuola come una materia scolastica, ma credo sia qualcosa che appartiene all'uomo, è dentro l'uomo. Mi viene spontaneo fare l'esempio del grillo parlante di Pinocchio. Il grillo rappresenta la coscienza che guarisce l'uomo dall'imbecillità morale. Ci permette quindi di stabilire cosa vogliamo veramente o no, cosa possiamo fare o meno. Il dubbio che sorge a tutti è con quale criterio viene stabilito cosa si può fare o meno? Quale è la norma da seguire per catalogare ciò che è giusto da ciò che invece risulta sbagliato? E cosa è sbagliato?
    Mi sono trovata spesso nella condizione in cui ho fatto qualcosa perché costretta, comprendendo solo in seguito l'importanza di tale azione, altre volte qualcosa che volevo fare, per un piacere personale, ma non credo che né nel primo, né nel secondo caso ciò che ho fatto possa valere come principio di una legislazione universale come afferma Kant. A mio avviso è quasi impossibile stabilire una massima che valga per tutti. Ognuno deve avere la libertà di dire <> o <>, la libertà di decidere, ma decidere consapevolmente di ciò che si sta decidendo. Pensare non uno, ma ben due volte prima di agire. Per vivere bene bisogna quindi, come afferma Savater e con il quale mi trovo pienamente daccordo, lasciare da parte ordini e abitudini, premi e punizioni, non chiedere a nessuno come bisogna gestire la propria vita, ma a se stessi. Ma allo stesso modo, bisogna tenere ben saldo un principio cardine: il rispetto degli altri. Certe cose li chiamiamo buone perché ci fanno bene, altre cattiva perché ci fanno male, eppure le cose non sono così semplici. Sappiamo tutti che le bugie non fanno bene, ma a volte una bugia può alleviare un dolore, sollevare un uomo da una situazione di sconforto. Allora chi stabilisce quando una bugia va detta o meno? Credo che ognuno stabilisce di per sé cosa sia giusto o sbagliato per mezzo della propria legge morale e credo che le decisione o l'agire altrui, fin quando non compromette la libertà e il rispetto degli altri non debba essere giudicato. Ed è qui appunto che interviene il famoso grillo di Pinocchio, la coscienza di ognuno che giudica e controlla i propri comportamenti. <> e se qualcuno uccide il passante perché si rifiuta di consegnargli la borsa allora questo atteggiamento mostra come quest'uomo sia sordo.

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  24. Hai ragione, Enzo, che considerare imbecille qualcuno è sbagliato e così facendo mi contraddico anche dopo aver sostenuto di credere in una possibile etica oggettiva data dall’unione degli uomini. Comunque scrivendo la mia opinione mi rivolgo a tutti i partecipanti al blog non solo ad Enzo con il quale ho iniziato il dibattito. Io non intendo dimostrare la superiorità del mio concetto di etica, infatti non ho detto quale esso fosse e sicuramente non ne sarei neanche capace, ma ho solo creato delle condizioni che secondo me potrebbero essere utili per la costruzione di un etica oggettiva, può darsi che non abbiano alcun valore o non bastino a creare tale etica ma avendo fiducia nell’umanità e considerandomi parte di essa ho creduto che il mio pensiero e il mio bisogno di etica fosse della stessa materia, anche se non uguale, di quello altrui. E questo mi è bastato per credere in una possibile etica oggettiva. Quando dico “della stessa materia” intendo dire che credendo nella legge morale che è dentro di noi penso che tutti abbiamo lo stesso concetto di etica ma viene interpretato da ognuno diversamente dall’altro ed è necessario quindi l’incontro delle singole interpretazioni per fondere tutto in un’unica morale per costruire un’etica oggettiva, poiché è naturale che l’etica senza la morale non esiste. Tuttavia fin dall’inizio sto esprimendomi staccandomi dalle singoli situazioni , sto pensando in generale, in modo universale e, riconosco, anche in modo utopico. Ho riflettuto e inserito il mio pensiero in vie diverse giungendo ad un unico traguardo, quello della impossibilità di una morale valida per tutti ma non di un’etica. Tutte le persone hanno momenti di debolezza e spesso in tali momenti la legge morale diventa solo un fastidioso ronzio da eliminare e in questa consapevolezza l’uomo ha creato le leggi e riconosciuto dei diritti per il bene di tutti, non come una imposizione ma come un atto di bene, e non come un gesto di superiorità ma come una condizione che può sempre essere modificata con lo stesso processo di confronto. Se poi queste leggi non sono condivise sinceramente non so trovare soluzioni valide ma ritengo siano necessarie.

    Dio stesso ha dettato i dieci comandamenti perché siamo troppo deboli e imperfetti per essere capaci di seguire da soli un’etica oggettiva ma nello stesso tempo ci ha dotati di una legge morale che ci permette di crearla o di avvicinarci almeno ad essa per vivere in pace. Ad esempio tra i dieci comandamenti c’è “non desiderare la donna d’altri” ma non c’è scritto “non desiderare l’uomo d’altri”, questo non significa che la donna può desidera l’uomo di altre donne perché sa che è sbagliato, perché possiede una morale che lo impedisce. Per qualcuno aver fatto il nome Dio è sbagliato perché bisogna discutere oggettivamente ma comunque per un non credente questa può essere occasione di confronto.

    La conclusione del mio pensiero è che l’uomo ha molto da lavorare per raggiungere un’etica oggettiva senza leggi e anche se non la raggiungerà mai deve lavorarci sopra ugualmente perché la rassegnazione è la sfiducia non hanno mai portato nulla di buono, anzi non hanno mai portato proprio a nulla.

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  25. Caro professore
    la tematica che andremo a trattare è davvero importante.Che esista un'etica che possa valere per tutti a mio parere è una cosa impensabile, a questo proposito io mi trovo in pieno accordo con il filosofo Kant, in quanto ogni essere umano guarda il mondo con i propri occhi e nessuno ci può dare la certezza che guardando lo stesso oggetto io e lei avremmo la stessa immagine. Inoltre penso che ognuno di noi possieda un modello di etica innato che scoprirà attraverso le varie fasi della vita. Però non metto in dubbio il fatto che possano esistere avvenimenti che apportano dei cambiamenti all'etica in cui noi crediamo. Per questo io sostengo che non ci sia un'etica rilevata, che possa valere per tutti, in quanto non credo che la maggior parte dei cattolici, nonostante rispettino le leggi giuste o sbagliate imposte da Dio, agiscono moralmente. Per esempio nel mondo esistono migliaia di persone che non commettono delitti solo per paura di poter violare la volontà di Dio o per le sconosciute conseguenza, andando incontro alla propria volontà. Mi trovo pienamente d'accordo con Giuseppe quando dice che non possiamo trovare un'etica che possa valere per tutti ma ci possiamo solo avvicinare a essa. Prendendo in considerazione il principio, se così vogliamo intenderlo, ama il prossimo tuo come te stesso, forse potremmo trovare un punto di comune accordo con un piccolo frammento della società ma allo stesso tempo ci sarà una parte che contrasterà il nostro punto di vista. Perché io penso che il significato della parola amore noi sia uguale per tutti.

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  26. Cari Alunni, sono molto felice che il dibattito stia prendendo forma... bravi... continuiamo a parlare...

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  27. Francescantonio VAs21 marzo 2012 alle ore 16:13

    Io credo che il nostro errore sia optare per un'etica rivelata, così facendo, l'uomo, come abbiamo discusso l'altro giorno in classe, pensa di avere la verità, ma non è così: non rispetta nessuno dei principi dettati da essa, quindi prima di affermare di aver abbracciato un'etica dovremmo riflettere e capire fino a che punto seguiremo i suoi principi. La discussione che abbiamo affrontato durante la lezione è stata di fondamentale importanza: mi ha fatto capire che la maggior parte delle persone abbraccia la religione cattolica però non segue i suoi principi. Io non ne condivide alcuini ,così facendo credo che una persona non si può ritenere appartenente ad essa.

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  28. Sono contento che molti dei miei compagni la pensino come me e mi piace specialmente il commento di Pinuccia, quando afferma che il significato della parola amore non è uguale per tutti. Il suo pensiero mi ha aiutato a chiarire qualche incertezza che avevo nel mio, infatti a mio avviso la frase "ama il prossimo tuo come te stesso" ci avvicina a un'etica oggettiva, così come fa la legge morale di Kant, ma non può valere per tutti: non tutte le persone amano se stessi. Infatti ci sono persone che odiano se stesse per vari motivi e odiando se stesse odiano anche gli altri.

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