La Musica demonica e il coraggio di suonare
Dove dimora il dolore? Dove risiede il
coraggio di opporsi alle prevaricazioni?
Sara Zurletti, nel suo romanzo K. 488,
costruisce un itinerario narrativo attraverso il quale si interroga, anche
filosoficamente, sia sul senso della Musica, nell’era della tecnica, sia sui
tentativi del potere di influire sul processo artistico, un potere che vorrebbe
imporre il controllo anche sull’animo dell’artista. Come può l’economismo
pensare di potersi impadronire della Musica per trarne profitti?
Questi interrogativi così inquietanti e
attuali e la possibilità - a causa delle interferenze del potere - di perdere i
talenti, ci riportano alla mente il romanzo di Robert Schneider, Le voci del
mondo, se non nella struttura narrativa, nel dissidio tra l’artista e il
mondo, che possiamo riassumere con questa citazione:
“Quanti uomini meravigliosi,
filosofi, pensatori, poeti, pittori e musicisti il mondo avrà perduto solo
perché ad essi non fu concesso di imparare la propria arte? Forse — continuando
nella nostra fantasia — non fu Socrate il filosofo più sublime, e non fu Gesù
Cristo il più grande spirito amante, né Leonardo il più straordinario tra i
pittori o Mozart il più perfetto tra i musicisti; altri nomi, completamente
diversi, avrebbero potuto segnare il corso della storia.” (pag. 8)
Cercheremo di chiarire questo bizzarro
accostamento partendo dalla protagonista del romanzo K. 488, Emma
Cambria, una pianista siciliana che tenta di affermarsi, frequentando un corso
di perfezionamento a Parigi. Una ragazza apparentemente come tante, alla
ricerca della via per esprimere il proprio talento, il quale le concede una abilità
interpretativa e penetrativa dello spirito dei compositori con i quali si
confronta.
La citazione precedente esprime bene la
forza di uno dei messaggi di Sara Zurletti, che sembra essere il seguente: non
sempre coloro che incarnano la perfetta essenza di ciò che un artista deve
essere, riescono ad emergere. Spesso, la loro arte viene mortificata dalla
logica dell’utile, quella che Aristotele collocherebbe tra gli analitici primi
(formalmente validi ma falsi); essa smaschera l’intento del potere di servirsi
dell’arte per soggiogare le masse, dentro le quali, sovente, perdiamo i
talenti.
La vera arte, ci ricorda Sara Zurletti,
come fa anche Thomas Mann ne La montagna incantata, pur nascendo da una
nevrosi, quando non da una psicosi, cura il mondo, sia in senso lato sia in
senso stretto, ossia, può curare un animo, che a sua volta avrà il compito di
elargire, come tramite, luce nuova al mondo intero. Ecco che l’arte diviene
quel carro trainato da cavalle, di parmenidea memoria, capace di guidare dal
luogo comune al luogo elettivo.
Nelle vicende di Emma Cambria si innesta
un ideale artistico che lotta strenuamente contro la visione dell’arte finalizzata
a… o strumento di interessi temporali. L’arte è fine a se stessa e ogni
artista, degno di tale nome, altro non è che un suo messaggero, una sorta di Ermes,
che è sia portatore del messaggio, sia interprete del messaggio stesso, nonché attualizzatore
di un segno, annunciatore che, in ogni modo, non può limitarsi a essere mero
riproduttore.
Ecco perché la tecnica non è sufficiente (quella
perfezione meccanica che nel romanzo di Sara Zurletti è attribuita a un
pianoforte, capace di riprodurre lo stile e la dialettica musicale di un
autore, facendogli suonare, a distanza di tempo dalla sua morte, un brano che è
a lui postumo e che non avrebbe mai potuto interpretare); la tecnica, si
diceva, non può esprimere da sola la forza del contingente e dell’imprevedibile,
che alberga in ogni essere umano; l’arte è altra cosa, perché pur essendo
tecnica, ha nella sua radice sanscrita ar il significato di andare
verso, nel senso di portare fuori ciò che ha visto nell’abisso, pertanto
essa non può essere affidata a un novello Frankenstein, ultimo prometeo,
intelligenza artificiale, mostro postmoderno, capace di superare o eliminare
ogni imperfezione, (un po’ come tentano di fare gli editor con i romanzi),
giacché la grandiosità di una interpretazione pianistica o di un romanzo
risiede nella sua insufficienza, che la rende unica e irripetibile e allo
stesso tempo frammento del percorso diretto al vero, al bello; un tentativo,
come direbbe Hermann Hesse, non una perfezione meccanica.
L’uomo post moderno, che invece cerca la compiutezza
tecnica, diviene freddo metallo senza aderenza alla storia.
Emma è una ragazza di provincia, non
contaminata dall’arrivismo, ma non per questo priva di ambizioni; ella porta un
nome che in lingua germanica significa “potente e valorosa”, ma che ha anche
altri significati, tra questi “totale”. Emma è una donna integra che non scende
a compromessi, la sua forza delicata richiama alla mente due personaggi
indimenticabili del mondo letterario: Emma Woodhouse ed Emma Bovary. Come non
pensare a loro quando la ragazza di Sara Zurletti lotta strenuamente contro se
stessa per trovare l’uscita dalla sua angoscia?
C’è anche da dire che ogni artista combatte
contro se stesso e senza questa battaglia nessun’arte potrebbe produrre
bellezza; sempre e solo se per arte intendiamo l’abilità tecnica che nasce
dall’esercizio e dal lavoro duro, necessari per mutare le forze arcane che ci
abitano in segni e le cicatrici che la vita imprime nell’anima di ognuno in
musica.
Sara Zurletti pare sostenere che l’artista
si debba lasciar travolgere da queste dinamiche demoniche, non demoniache,
come la stessa Emma sottolinea con forza, senza abdicare ma con sacrificio,
perché anche quando sembra che la violenza possa vincere - giacché nel mondo è
tornata la clava e la sordità, come uniche forme espressive dell’uomo a noi
contemporaneo, oramai privo della vibrante passione - l’impeto si risveglia e
gli zombi vengono travolti dalla melodia, dai suoni del mondo. Emma tocca una
nota capace di riaccordare l’universo,
un La arcano e ancestrale.
Sara Zurletti con questo romanzo, ben
scritto, colto ed euritmico, ci dice che l’uomo, con tutta la sua razionalità, spesso
viene sorpreso dalle vie impreviste che può prendere l’arte nel tentativo,
quasi sempre riuscito, di cambiare il mondo.
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