ECONOMIA D'AMORE
"Perché lo vogliamo a tutti i costi questo amore?" ci chiede Ilda Tripodi nel suo più recente canto poetico.
Qual è l'oggetto a cui dirigere il nostro amore e da cui pretendere una trasformazione in "soggetto" amante? Sta a noi la difficile scelta, perché tutti abbiamo bisogno di un soggetto che ci ami. Vogliamo essere amati da uno specchio, un altro da noi che sia capace di restituirci la nostra immagine appagata e sicura. Colui da cui vogliamo amore, pare essere il Dio stesso dell'amore.
"Siamo fragili", ci ricorda il verso, e siamo l'oggetto di Dio, a cui, di rimando, la divinità dà amore. Dobbiamo a questo punto noi stessi diventare soggetti amanti, capaci di prenderci cura di quella divinità che, per non annientarci e rimanere sola, deve perdere la memoria dei nostri reiterati tradimenti e delle nostre offese e mancanze.
La poesia di Ilda Tripodi è un labirinto di anafore, epanalessi, epifore e anadiplosi; un labirinto senza uscita, come l'amore. In questo viatico scosceso, ogni curva è un'opportunità, ma anche apertura su un precipizio mortale, se ci si addormenta... se ci si distrae. Ecco che la poesia ci sprona: "Non ti addormentare figlio di carta", perché il sonno è nemico del perdono, giacché in esso tutto si fa psicosi e diventa violenza. Il precipizio del labirinto è proprio il sonno che porta nell'incubo. Ci salva la veglia, il ballo e l'imprevisto. Il canto del fringuello sveglia il ritmo del cuore, ferito e sanguinante; lo stesso cuore che palpita fino ad esplodere di gioia o di paura.
La continua brama di un "soggetto" che colmi il nostro horror vacui è generata da questa mancanza, ce lo insegna Platone, e la ricerca diventa inevitabile quanto fatale. Ilda Tripodi ci ricorda che la ragione di un continuo interrogare l'amore è una lotta di sopravvivenza. Quando l'uomo chiede, sussurra alla Luna la poesia dei suoi affanni, quando lo sguardo contempla il Nulla, ecco che prende a interrogare Amore. La poetessa chiede: "L'amore crede nell'amore?", possiamo affermare che sicuramente ci crede il poeta, e anche se tutto sembrerebbe esser stato detto su questo tema, non è affatto vero, giacché l'amore è un universo sterminato da esplorare e comprendere.
Quella di Ilda Tripodi è una visione intima, una confessione, un grido d'aiuto, pertanto un canto universale, che nasce da una accettazione coraggiosa di ciò che non si può cambiare, nemmeno con la morte.
In una società in cui non c'è più spazio per l'intimità, dove tutto sembra doversi svelare ad ogni costo; in una società in cui si vive di apparenza, e i simboli sono andati perduti, l'unica salvezza è la poesia, fabbrica di simboli, facitrice di neologismi e suoni. Occorre una poesia ermetica per indurre l'uomo allo scavo profondo, nel tentativo di trovare se stesso, quel se stesso smarrito nella confusione dell'apparire.
Questo libro è una guida all'onestà, un percorso di fede nell'uomo che fallisce; un canto d'amore per Dio e le sue Creature; un atto di donazione del femminile al maschile e viceversa, un gesto perfettibile con il quale accogliere l'avvento del divino e dell'umano.