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venerdì 22 dicembre 2023

Cantando il dolore

Il mio grande NO

poesie politiche
di Annamaria Barreca
 




Un grande No, è anche un grande Sì, il quale si oppone a tutto ciò contro cui si oppone il proprio No.

La poesia è quello spazio dentro il quale la libertà non può mai venire soppressa: ce lo ricordano i poeti vessati dai regimi, i quali sovente hanno continuato a scrivere anche usando (fuor di metafora) il proprio sangue come inchiostro.

Annamaria Barreca non riesce proprio a digerire la contraddizione del mondo che la circonda; non ammette la noncuranza e, per questo, continua a costruire  con la scrittura la sua città ideale. Si chiede anche, e ci chiede, se la poesia, la sua poesia, possa essere un conforto, uno scudo contro il dolore e anche un terreno fertile nel quale seminare il domani. 

Nell'epigrafe a questo doloroso libretto, la poetessa carica sulle sue spalle le ombre e la morte, per ridare luce e vita a chi è desideroso di ascoltare ancora la canzone dell'amore eterno.

Un canto che non ha tregua, che travalica i muri di indifferenza, eretti dalla paura. La pioggia della Barreca è lontana dalla feconda acqua del D'annunzio, ma, seppur acida e cada su un paesaggio post-atomico, cerca di ridare fiato a una terra arida e deserta.

Al dolore, alla rabbia, alla violenza, al sopruso, al magma del consumismo, che tutto fagocita, Annamaria Barreca dice NO, lo urla nelle orecchie di tutti coloro che si girano dall'altra parte, a tutti coloro che dormono pensando di essere svegli; a tutti coloro i quali sono morti da tempo e credono di essere vivi, solo perché respirano.

Un libro da leggere e rileggere, per non dimenticare di avere una responsabilità... un dovere... un desiderio da alimentare. 

Per amore, solo per amore

Maravigghia

Cunti di Cibi e Luoghi
di Maria Grazia Sfameni





Ci sono libri che non sono facilmente classificabili, perché sono il frutto di una commistione di generi. Uno di questi è senz'altro Maravigghia. Cunti di cibi e luoghi, della scrittrice siciliana Maria Grazia Sfameni. Un piccolo libro nel quale lo spazio della narrazione è un tempo non ancora passato e nel quale il tempo è  spazio ancora da riempire. Il legame che si crea tra il cibo e il racconto della sua preparazione, genera un ponte, attraversato il quale si entra in un'altra dimensione. In questa nuova "casa" ci si trova subito a proprio agio, perché l'accoglienza è intima e festosa.

Il canto della gioia, la generosità del companatico, il gioco di sguardi e le carezze delle tovaglie di lino o dei tovaglioli ricamati, appena poggiati sulle labbra, generano commozione. Impossibile non sorridere, leggendo queste pagine; impossibile non sentirsi il viso rigato da una lacrima...

Nonostante questo, non siamo innanzi a un libro nostalgico, piuttosto un manuale di cucina che cura; no, non un ricettario (anche se qualche ricetta si trova) ma un libro zen, in grado di distendere il viso e l'anima, come quando si entra nella casa di Auguste Escoffier a Villeneuve-Loubet nel dipartimenti delle Alpi Marittime in Francia. Sono  luoghi nei quali la passione è distribuita come zucchero a velo sulla pastiera. 

Che dire, occorre entrare in questo libro e ascoltare quello che l'autrice, alla maniera di una cuntatrice esperta, partecipa al lettore. E così, senza accorgersene, si viene ammessi nel regno dei profumi, nel tempio del gusto. Si resta prigionieri e non se ne esce, senza essere posseduti dal desiderio di assaggiare le pietanze che solo una donna innamorata è in grado di creare, non solo per coloro che ama, ma, grazie a questo amore, per tutti quelli che avranno la fortuna di sedere al loro desco.

Un libro da leggere, da condividere, da donare, con amore, soprattutto a chi è ancora in cerca di una casa...